Il bullismo (parte II): le dinamiche di gruppo

Il bullismo (parte II): le dinamiche di gruppo

Il bullismo è un fenomeno complesso che è regolato da dinamiche di gruppo, oltre che da fattori individuali e da aspetti legati alla struttura culturale ed organizzativa del contesto.Per questo, oltre a restituire il ruolo educativo alle famiglie, lavorando con i genitori, oltre a fare percorsi educativi e psicologici con il singolo ragazzo fragile, come lo sono in realtà i cosiddetti bulli, oltre a tutto ciò, è nel gruppo che si può e si deve intervenire, o almeno nel gruppo-classe, perchè è lì, nel branco, tra i pari, che si gioca la vera partita!

Una delle tante domande che potremmo porci e che si sono posti anche gli studiosi del fenomeno, è “ A che cosa serve il bullismo?”.Il bullismo ha delle funzioni sia per il gruppo che per il singolo, se ne possono distinguere alcune tipologie sulla base del vantaggio che offre, al più forte o anche ai membri del gruppo, talvolta persino alla vittima, seppur in modo contraddittorio.

Nel bullismo di inclusione gli atti vessatori o di oppressione vengono messi in atto per tenere o far entrare i  membri nel gruppo:

  • ne sono esempi i cosiddetti “battesimi” o riti di iniziazione che regolano i meccanismi di ingresso nel gruppo affermando la legge del gruppo sopra il valore della persona, la quale deve essere disposta a farsi umiliare, per poi diventare ingroup e godere dell’essere membro.
  • Un’altro esempio è il caso in cui la vittima diviene provocatrice cercando di rendersi più accettabile al gruppo e invece si attira il dissenso e l’antipatia di tutti, perfino degli adulti. Questa dinamica è molto difficile da spezzare proprio perché si auto alimenta e sia gli astanti che gli adulti tendono a dire “se le cerca!”

Nel bullismo di esclusione invece le prepotenze sono dirette più che altro ad affermare il potere e ad ottenere vantaggi materiali:

  • di tipo espressivo, cioè con il fine di ottenere influenza e potere sociale attraverso la prepotenza e la dimostrazione di forza. Se la classe condivide la cultura delle prepotenze e necessita di coesione, allora il bullo avrà un seguito, anche fra coloro che per paura di ritorsioni non si espongono più di tanto. Se invece le prevaricazioni sono rifiutate, allora il bullo sarà un solitario con pochi seguaci. Per questo può essere importante, tra le altre cose, intervenire anche promuovendo la riflessione sui valori condivisi nel gruppo.
  • di tipo utilitaristico, cioè si realizza attraverso furti, estorsioni, imposizioni, come quella di far copiare i compiti. Anche qui i bulli, oltre a ricavare un vantaggio materiale, possono ricavare un rinforzo della loro identità ed autostima, ad esempio se si mettono a rivendere gli oggetti o a spacciare droghe.

Può sembrare paradossale, ma il bullismo è funzionale ad alcuni gruppi: non solo il leader negativo riceve conferme del proprio valore, influenza e potere, ma anche i gregari fondano il proprio valore  e la propria identità sull’appartenenza, sull’essere ingroup, a differenza dello “sfigato” che è out perché diverso rispetto ai valori condivisi, perchè non vuole o non ce la fa ad essere uguale agli altri.

Rimarco, come nel precedente articolo su questo tema, che bullo e vittima sono ruoli più che persone, infatti uno stesso individuo può ricoprire diversi ruoli in diversi contesti, a seconda dei rapporti che intreccia e  dei valori che il gruppo riconosce come propri. In una classe sarà vittima che si impegna nello studio, in un’altra chi non studia affatto; in una scuola maschile dove domina il modello di virilità del “macho” sarà il ragazzo gay, o anche il ragazzo timido e gentile, che invece potrebbe essere apprezzato in un ambiente dove si valorizzano sensibilità e creatività. Fra le femmine può essere bullizzata quella riservata, poco seduttiva e non alla moda, oppure in un gruppo di educande sarà esclusa la più disinvolta e spregiudicata.

Insomma le prepotenze toccano a quelli che non si adeguano alla maggioranza e ai valori del gruppo, che siano nei costumi, nelle opinioni politiche o riguardino il modo di divertirsi, come l’uso di alcolici o di sostanze. Creare spazi di riflessione proprio sull’identità del gruppo e sui valori che lo guida è uno strumento fondamentale nella scuola.

Ci tengo a sottolineare che occuparsi del bullismo è una scelta educativa e di valore, perché insieme al riconoscimento del singolo caso, afferma ed educa al diritto alla differenza: da questo punto di vista, il rispetto non è una merce di scambio, non si guadagna, ma si deve all’altro in quanto persona, a differenza della simpatia o dell’amicizia, che implicano invece una scelta personale nella relazione.

La psicologia dell’ingroup e outgroup

Spesso questo tipo di psicologia è molto spiccata nei gruppi in cui si manifestano bullismi. Si tratta di un processo di identificazione tra simili che punisce la diversità e la isola come fonte di minaccia all’integrità del gruppo.

La paura ed il rifiuto delle differenze sono meccanismi difensivi: tutto ciò che può essere riconosciuto tramite identificazione nel confronto con il già noto può essere metabolizzato, quello che resta tende ad essere espulso.Le dinamiche ingroup possono diventare molto pressanti quanto più il gruppo è poco coeso e guidato da obiettivi deboli, e anche quanto più i membri sono fragili. Ma vediamone alcune e come agiscono:

  • I membri dell’outgroup sono estremamente diversi da noi! Rappresentano tutto quello che noi non siamo e che non vogliamo diventare”: senza inoltrarmi in un’analisi di tipo junghiano, mi limito a sottolineare che la proiezione d’ombra è un processo non solo individuale ma anche collettivo!
  • Noi, pur avendo dei tratti comuni che ci tengono uniti possiamo differenziarci per gusti, opinioni e valori, mentre ‘loro’ si assomigliano tutti e sono fatti tutti allo stesso modo!”
  • L’ingroup è sempre favorito rispetto all’outgroup, ogni membro tende spontaneamente a creare competizione favorendo il proprio gruppo.
  • Quando può nominare un nemico, il gruppo tende a rinsaldarsi: scagliarsi contro qualcosa o qualcuno rafforza il senso di appartenenza dei membri, rende più stabili i confini, riduce il dissenso ed il conflitto interno, aumenta la tolleranza verso  propri compagni.

L’outgroup può anche essere all’interno di uno stesso gruppo,  rappresentato da un singolo o da un sotto-gruppo, assumendo il ruolo di capro espiatorio.

Nei gruppi orientati al collettivismo, in cui cioè conta conformarsi alle regole e agli obiettivi comuni del gruppo, l’emergere di un leader prepotente e di un capro espiatorio è utile in quanto sorregge il gruppo e ne definisce i confini.In una cultura che invece privilegia l’emergere dell’individualità, il bullismo può svolgersi in un clima in cui ognuno è contro tutti e ciascuno deve difendersi da sé. Se poi il gruppo non riconosce il valore o rifiuta gli obiettivi della scuola, ponendo importanza solo sul riconoscimento tra pari, ecco che aumentano le probabilità che perfino alcuni docenti, specie se poco carismatici o poco abili nel relazionarsi ai ragazzi, possano essere vittime di prepotenze totalmente lesive dell’autorevolezza che un adulto dovrebbe incarnare.

Il bullo e la vittima:  leader carismatico e capro espiatorio

In adolescenza il gruppo è il punto di riferimento principale nella sperimentazione di sé e nella costruzione dell’identità. Quando riesce a porsi come leader carismatico il bullo nutre la propria autostima attraverso la considerazione degli altri. Se poi ha alle spalle una cattiva carriera scolastica, se non era molto abile nello studio, può riscattare la propria posizione nel passaggio ad un nuovo livello scolastico o in una nuova classe, costruendosi una nuova identità sociale forte. Molti ragazzi scelgono la scuola superiore proprio in base a “dove si può fare casino”.

Qual è la funzione del leader carismatico per il gruppo? Egli è non solo percepito come simpatico, abile, forte, coraggioso, ma ha la funzione di risolvere le ambiguità, dando al gruppo regole chiare (più o meno implicite) e un modello forte da seguire, specie nei momenti di incertezza.I suoi seguaci cercheranno di imitarlo, senza tuttavia tentare di superarlo: la gerarchia interna ricorda per certi aspetti quelli di un sistema mafioso, tanto che i ragazzi che si confidano con i professori vengono tacciati come infami.

In queste classi a volte i professori non si accorgono di niente se le vessazioni non sono eclatanti; persino gli standard di impegno scolastico vengono fissati da implicite norme interne al gruppo, il quale decide quindi quanto bisogna o non bisogna impegnarsi nello studio. Chi studia più degli altri allora è a rischio di essere outgroup.

Abbiamo spesso il fenomeno del capro espiatorio, ruolo altrettanto funzionale al gruppo: i gruppi hanno bisogno di questo parafulmine per far ricadere su di lui tutte le tensioni, i tormenti, le accuse, le irrisioni del gruppo. Lui è il ricettacolo di tutte le brutture e le inadeguatezze, mentre gli altri possono bearsi della loro armonia. Ma se malauguratamente il capro espiatorio se ne va dal gruppo, ecco che tutti i conflitti irrisolti del gruppo vengono al pettine, almeno finchè non si elegge una nuova vittima da immolare.

I ragazzi che tendono a fare le vittime-provocatrici sono particolarmente adatti a divenire i capri espiatori della situazione, con i loro atteggiamenti che li rendono antipatici a tutto il gruppo, persino ai professori. Sembra che abbiano il bisogno di perpetuare il loro ruolo da perdenti e talvolta hanno una situazione extra scolastica di isolamento sociale, con genitori pressanti o anziani, iperprotettivi o invischianti, rispetto ai quali è meglio cercarsi un ruolo forte nel gruppo classe, piuttosto che non essere nessuno, segnalando così in qualche modo il proprio disagio.

In verità sul capro espiatorio si proiettano le paure dei compagni, le loro ombre negate, quello che non vorrebbero mai essere e che temono terribilmente: la bruttezza, la goffaggine, il puzzare, l’isolamento, l’omosessualità, l’essere “strani”….diversi.

Essere se stessi e guadagnarsi un posto ingroup è un continuo gioco di equilibrismo per l’adolescente, per alcuni molto faticoso, per altri pericoloso, per altri molto costoso.

Nel prossimo articolo sul bullismo approfondirò come si può intervenire nei gruppi classe per promuovere un clima positivo e delle dinamiche più mature e funzionali, prevenendo o scalfendo le dinamiche gruppali che sono facile terreno per la devianza. Tali interventi possono essere condotti da professionisti appositamente formati ed esperti nelle dinamiche di gruppo, ma anche dai docenti, in seguito ad una adeguata formazione. Il personale scolastico va sostenuto e coinvolto,  sempre nell’ottica di una politica scolastica integrata che sia contro il bullismo ma con i ragazzi.