Gli archetipi: guide interiori della crescita personale

Gli archetipi: guide interiori della crescita personale

Un aspetto fondante dell’analisi junghiana è la teoria degli archetipi. Ma di che si tratta? Cosa sono e in che modo sono rilevanti per il nostro benessere psicologico?

Jung elaborò le sue teorie nella prospettiva di una psicologia del profondo, che tiene conto di un modello della psiche psicodinamico, cioè rappresentato attraverso l’azione di forze e istanze che agiscono al suo interno, alcune a livello consapevole, altre in regioni più profonde della psiche, inconscie o subconscie, appunto. A differenza di Freud, di cui fu per un certo tempo collaboratore, Jung distinse oltre all’inconscio personale un inconscio collettivo: nel primo risiedono i contenuti mentali rimossi, cioè, esperienze, ricordi, desideri, fantasie, pensieri, affetti, legati alla propria storia personale, di cui però il soggetto non ha piena consapevolezza, per via dei meccanismi di difesa, e che si organizzano in complessi a tonalità affettiva; nel secondo risiedono contenuti che invece non derivano dagli eventi vissuti, ma ereditati filogeneticamente, come dire, innati, universalmente appartenenti a tutto il genere umano. Tali contenuti sono appunto gli archetipi.

La parola deriva etimologicamente da “arché” (origine, principio, inizio) e “tipo” (modello, figura, immagine) e può essere tradotta con “modello primigenio”, “immagine originaria”, come la chiamò in un primo momento Jung. Nel linguaggio comune, ad esempio in ambito letterario, ma non solo, esso indica un modello tipico sin dai tempi antichi: possiamo dire allora che ad esempio Ulisse e Prometeo sono archetipi dell’eroe o che la strega sia un elemento archetipico nelle fiabe e nel folklore. Tuttavia capire il significato psicologico assegnato da Jung all’archetipo come istanza psichica, che quindi muove energia, produce immagini e pensieri, attiva sentimenti, esercita fascino o anche angoscia, e guida alcuni comportamenti, è cosa ben più complessa.

L’archetipo è concepito come il condensato di tutte le esperienze dell’umanità intorno a certi temi tipici, appunto, ed universali; si tratta di un concetto psichico ipotetico, che ha il suo corrispondente biologico nell’istinto, nei pattern di comportamento tipici e ricorrenti. Sono in altre parole delle possibilità di comportamento, delle tendenze del genere umano a ripetere certe esperienze in modo universale. Jung stesso dice che non è possibile definire in maniera esatta cosa sia l’archetipo, perchè quelle di cui noi possiamo fare esperienza sono solo rappresentazioni simboliche, immagini attraverso le quali i contenuti archetipici possono manifestarsi alla coscienza. Non si tratta di immagini preconfezionate e configurate nell’inconscio collettivo, ma di disposizioni innate ad ordinare certi elementi, significati e temi in modi tipici, a rappresentarli in immagini, personaggi, situazioni universalmente noti, seppur con alcune differenze tra un individuo e l’altro o tra una cultura e l’altra. Rappresentazioni ed immagini archetipiche si manifestano in modo particolare nei simboli religiosi, nei prodotti letterari, nel folklore, nelle creazioni artistiche, in alcuni sintomi psichiatrici e nei sogni. Fu attraverso un lungo lavoro di comparazione e studio tra immagini  antropologiche e miti, religioni, elementi del folklore, come le fiabe, ed i sintomi dei suoi pazienti psicotici, che il dottor Jung giunse a formulare la dottrina degli archetipi: come poteva essere frutto del caso che alcuni malati psichici producessero nei loro deliri ed allucinazioni simboli simili a quelli di tradizioni mitiche e religiose di cui essi non avevano alcuna conoscenza? E che tali simboli tendessero a ripetersi in tutte le culture, seppur molto lontane tra loro? Doveva esserci uno strato molto antico e profondo della psiche dove tali contenuti sono sedimentati e trasmessi a tutti gli uomini ereditariamente.

Ma che ruolo hanno nella nostra vita gli archetipi? E’ necessario conoscerli, esplorarli?

Secondo Jung queste immagini della psiche profonda agiscono in noi  inconsapevolmente, sia a livello individuale, ad esempio assumendo la caratteristica di complesso nell’inconscio personale, sulla base delle nostre esperienze vissute, quindi rendendoci particolarmente sensibili e reattivi verso certe immagini, o situazioni o rappresentazioni simboliche, che riattivano questi vissuti in parte rimossi o repressi; ma anche a livello collettivo, attraverso tendenze e temi che esercitano un’influenza o condizionamenti sul piano culturale. A volte possono agire in senso benefico, anche senza che si compia uno sforzo attivo, ad esempio, una persona che abbia subìto delle gravi deprivazioni da piccola, che abbia avuto ad esempio delle figure di attaccamento trascuranti, disattente, assenti, avrà un complesso materno o paterno negativo e tenderà a costruire relazioni sulla base di queste esperienze precoci segnate da sofferenza e insicurezza. Tuttavia, nella loro psiche profonda e collettiva sono presenti nei contenuti archetipici i modelli che rappresentano il prendersi cura, l’amore, la protezione, il calore, in altri termini quello che Jung ha definito archetipo della Grande Madre, così come un qualche modello, rappresentato anche solo simbolicamente, di forza e presenza amorevole, giustizia e discernimento, riconducibile all’archetipo positivo del Padre o del Vecchio saggio. Tali modelli possono fare da guida interiore nella ricerca e nella maturazione personale, spingendo ad una realizzazione di sé, ad una sorta di guarigione interiore.

Per fare un altro esempio, temi mitici come “il cammino dell’eroe”, “il viaggio notturno per mare” o “il ventre della balena” riconducono al processo dell’eterna conoscenza dell’uomo, sono processi psichici in forma simbolico-metaforica.

Ogni archetipo è multisfaccettato, ha un polo positivo ed uno negativo e può essere rappresentato da molti simboli ed immagini diverse. Il simbolo, per Jung, non è riconducibile ad una interpretazione univoca, ma è polisemico, ricco di significati e sta alla capacità dell’analista saper portare in luce il contenuto a cui rimanda. Ad esempio il fuoco, può essere ricondotto in via molto generale alla libido, cioè secondo Jung l’energia psichica, ma in determinati contesti può assumere significati di sacrificio, di trasformazione, di forte brama passionale e sessuale, a volte anche distruttiva.

Alcune particolari immagini archetipiche sono state chiamate da Jung simboli della trasformazione: esse compaiono specialmente nei sogni di persone che hanno la capacità spiccata di stabilire un dialogo tra conscio ed inconscio, in momenti critici e decisivi della vita, e producono nel sognatore un effetto particolarmente suggestivo, fascinoso, “numinoso” direbbe Jung, segnalando ed al contempo promuovendo il movimento dell’energia psichica in un processo di trasformazione significativa per l’individuo. Ne sono esempi forme di mandala o di yantra, simboli del Sé come cerchio, quadrato, uovo, serpente che si morde la coda, e molti altri.

Essere consapevoli delle immagini interiori che ci ispirano o ci ostacolano è uno degli scopi dell’analisi junghiana per guidarci in quel processo di realizzazione del nostro più vero ed intimo sé, processo che Jung ha chiamato individuazione. Stabilire un dialogo interiore con le immagini archetipiche, attraverso la tecnica dell’immaginazione attiva, l’arte-terapia o attraverso l’analisi dei sogni, è un modo per integrare parti consce ed inconsce di noi, tanto le parti d’ombra che si fatica ad accettare, quanto le falde più nascoste e profonde della nostra creatività e vitalità. Così da raggiungere la totalità e la pienezza del nostro sviluppo personale, il quale non ha tanto a che fare con la perfezione – dice Jung – quanto piuttosto con la completezza.

Jung ha descritto un numero limitato di archetipi, i quali possono essere esplorati e analizzati in ordine di successione rispetto al processo di individuazione. Si parte dal più vicino alla coscienza, la Persona (la “maschera”) cioè le nostre identificazioni coscienti, i ruoli che ricopriamo socialmente, per poi passare all’Ombra, cioè le parti rimosse di noi, quelle che meno accettiamo o che tendiamo a proiettare sugli altri, quelle lente, indesiderabili, negative, i nostri complessi, ma anche le nostre potenzialità inespresse. Poi ci sono gli archetipi parentali, la Grande Madre e il Padre, coi relativi complessi, imago materna e imago paterna, positive o negative; il Puer aeternus, l’Anima e l’Animus, cioè le immagini interiori della nostra parte controsessuale, l’Eroe, il Briccone, il Vecchio Saggio ed infine il , cioè la totalità, la completezza della psiche, fatta non solo di Io cosciente, ma anche della profondità della psiche inconscia, sia individuale che archetipica. Approfondiremo i vari archetipi nei prossimi articoli di questa sezione.

Giorgia Gattari

Sono una psicologa e psicoterapeuta, individuale e di gruppo, ad orientamento Gestalt Analitico. Mi occupo di consulenza, supporto psicologico e psicoterapia sia dell’adulto, che del bambino e dell’adolescente. Conduco gruppi terapeutici e laboratori espressivi e psico-educativi in ambito scolastico ed evolutivo.