Il bullismo (parte I): che cos’è, chi sono i protagonisti, il ruolo degli adulti.

Il bullismo (parte I): che cos’è, chi sono i protagonisti, il ruolo degli adulti.

Difficile constatare se questo fenomeno sia più diffuso oggi rispetto ad un ventennio fa, quando ad essere adolescenti erano i genitori di oggi. Consultando l’andamento delle ricerche che fanno gli Italiani su Google (fonte: Google Trends), possiamo dire con certezza che l’interesse della popolazione per questo fenomeno è aumentata esponenzialmente a partire dal 2006, quando i mass media hanno puntato i riflettori sul caso di un ragazzino disabile maltrattato da alcuni compagni di scuola, mentre altri giravano un video delle violenze per pubblicarlo sui social o sulle chat. Da allora l’interesse e la sensibilizzazione per questo tema hanno avuto un’impennata. Parlarne è certamente importante, affinchè le persone sappiano riconoscere il fenomeno, ma anche sapere quali sono i fattori di rischio ed i possibili interventi per prevenirlo e arginarlo.

Oggi si parla molto di Cyberbullismo e dei pericoli connessi alle nuove tecnologie. Ma diamo uno sguardo ai fattori generali che compongono un fenomeno nella sua complessità.

Che cos’é?

Il bullismo è un abuso di potere che si verifica se sono soddisfatte tre condizioni:

  • si verificano comportamenti di prevaricazione , diretta o indiretta
  • queste azioni sono reiterate nel tempo
  • sono coinvolti sempre gli stessi soggetti, di cui uno/alcuni sempre in posizione dominante (bulli) ed uno/ alcuni piu deboli ed incapaci di difendersi (vittime)

Gli atti di prevaricazione possono essere:

  • psicologici (esclusione, maldicenza), prevalentemente femminile;
  • verbali (prese in giro, minacce, insulti), sia maschile che femminile;
  • fisici (aggressioni, tormenti, danneggiamento di oggetti, estorsioni, furti) prevalentemente maschile.

Chi sono i protagonisti del bullismo?

Viene da dire con molta semplicità, il bullo e la vittima, ma le cose sono un po’ più complesse: il bullo leader può essere aiutato dai gregari, che eseguono il suo volere. Un corteo di sostenitori ha la sua fetta di responsabilità: sono quelli che non agiscono direttamente, ma restano a guardare facendo risolini o addirittura incitando. Essi sono responsabili diretti, in quanto rinforzano positivamente le prepotenze dei bulli attraverso la loro approvazione sociale.
Poi ci sono gli astanti neutrali, che non prendono una posizione e i difensori della vittima, gli unici a prendersi il rischio di andare contro corrente di fronte all’autorità del più forte.

Per quel che riguarda la vittima, essa non è sempre il ragazzo debole ed incapace di reagire, ma anche la vittima provocatrice, che stuzzica e ingaggia duelli col bullo o che assume atteggiamenti che gli attirano le antipatie degli altri e non gli favoriscono l’appoggio da parte loro.

Bullo e vittima sono ruoli più che persone, e a volte si uniscono nel bullo-vittima, una fusione dei due ruoli, in cui chi subisce abusi li agisce a sua volta, in una catena in cui il penultimo se la prende con l’ultimo: come nei casi in cui il ragazzo trattato male da tutti almeno se la può prendere con il portatore di handicap, per scaricare aggressività e rifiuto, come a segnare un confine e dire “io non sono così, almeno c’è chi è peggio di me!”

Persino alcuni insegnanti si sentono vittime delle prevaricazioni dei ragazzi e arrivano a vivere il loro lavoro con tensione angoscia fino al burn out. I più bravi sanno aprire spazi di ascolto e di reciprocità senza rinnegare la loro autorevolezza di adulti. Altri ancora adottano uno stile autoritario, riuscendo così a condurre una lezione frontale, magari poco compresa, ma anche poco disturbata; poi escono soddisfatti perché con loro nessuno fiata. Puntualmente l’energia trattenuta esplode all’ora successiva con l’insegnante più “debole”.

Il ruolo degli adulti

Gli adulti sono spesso poco disposti ad ascoltare la sofferenza: così come il bullo si giustifica dicendo “stavo scherzando”, gli adulti si distraggono perché “non hanno tempo”.
La chiave per prevenire ed affrontare il bullismo è l’assunzione della responsabilità educativa da parte degli adulti e l’adozione di una politica scolastica integrata che coinvolga tutti i componenti (presidi, docenti, genitori e personale scolastico). Momenti preziosi sono sicuramente il consiglio di classe e la formazione da parte di figure professionali specializzate.

Ormai è abbastanza diffusa la consapevolezza che chi commette violenza proviene spesso da una storia di violenza subìta e respirata. Ma la violenza prolifera laddove ci sono delle condizioni, sia strutturali che culturali. Ad esempio, in un contesto scolastico o familiare dove le regole non ci siano o dove sia possibile infrangerle. Per questo è importante che le sanzioni ci siano ed abbiano un carattere di certezza ed affidabilità. Riflettere in consiglio sugli stop che tutti gli insegnanti coerentemente dovrebbero dare, sulle possibili sanzioni, alternative a quelle che non hanno ormai molta presa sui ragazzi, che siano collettivamente accettate e condivise, anche con le famiglie, è fondamentale per restituire alla scuola quell’autorevolezzza che gli spetta come agenzia educativa e non solo come luogo di trasmissione di conoscenze. La scuola, così come la famiglia, deve dare dei limiti precisi ai ragazzi e non transigere per proteggere la propria immagine.
Altrimenti cadrebbe nello stesso errore del genitore del bullo iperprotettivo e giustificatorio.

Gli studi compiuti sugli indicatori di rischio evidenziano come spesso alle spalle dei bulli ci siano famiglie polarizzate su eccessi di autoritarismo o di permissivismo o con uno stile altalenante o contraddittorio. I genitori del bullo sono spesso poco presenti o inefficaci nel limitare i comportamenti del figlio. Senza considerare casi con problemi più gravi alla radice. Sempre generalizzando i fattori di rischio, possiamo dire che, dall’altra parte, la famiglia della vittima è in molti casi eccessivamente protettiva, tende a sostituirsi al ragazzo di fronte ad ogni difficoltà, tanto da non lasciare spazio ad una crescita autonoma rispetto alla gestione dei conflitti tra pari. Oppure assume atteggiamenti contraddittori, dando consigli astratti ed inefficaci che la vittima non è in grado di mettere in pratica: “ Fatti valere! Ridagliele! Rispondigli!”

Ovviamente il bullo non si esaurisce nello stereotipo del prepotente: spesso, se si scende più in profondità, oltre la scorza ruvida e disturbante che solleva l’urgenza, si scoprono fragilità dell’autostima, difficoltà di attenzione, irrequietezza, difficoltà di rapporto con gli altri, coetanei e adulti. Le ricerche sul bullismo mostrano che gli autori di prepotenze hanno difficoltà a mettersi in contatto con le proprie emozioni e a riconoscere quelle degli altri. Per questo, con i ragazzi è massimamente importante lavorare sull’empatia, così come è importante potenziare nelle vittime l’autostima e l’assertività, cioè la capacità di affermare i propri bisogni e riconoscere i propri diritti, senza calpestare quelli degli altri, in maniera efficace, né passiva né aggressiva.

Rispetto a questi ultimi punti, lo psicologo scolastico può lavorare con la classe per promuovere la consapevolezza di affetti ed emozioni e del legame tra sentimenti, pensieri ed azioni, può promuovere assertività ed empatia attraverso il confronto nel gruppo, portando la riflessione sulle dinamiche relazionali e ponendo l’obiettivo comune e condiviso di migliorare i rapporti, la coesione di gruppo e il benessere scolastico dei ragazzi.

Giorgia Gattari

Sono una psicologa e psicoterapeuta, individuale e di gruppo, ad orientamento Gestalt Analitico. Mi occupo di consulenza, supporto psicologico e psicoterapia sia dell’adulto, che del bambino e dell’adolescente. Conduco gruppi terapeutici e laboratori espressivi e psico-educativi in ambito scolastico ed evolutivo.