Cos’è l’ansia?

Cos’è l’ansia?

Paura, ansia, angoscia e ansia somatizzata

L’ansia di per sé è un fenomeno normale. Si tratta di un’emozione di base, che si attiva quando una situazione viene immaginata anticipatamente come pericolosa e, di conseguenza, l’organismo si prepara ad una risposta di attacco o fuga, come bagaglio del mondo biologico e animale.  Ciò che distingue l’ansia dalla paura è che quest’ultima si attiva alla presenza oggettiva di un pericolo o una minaccia concreta, mentre l’ansia è anticipatoria e insorge sulla base di una minaccia immaginata. Entrambe comportano uno stato di attivazione tramite fenomeni neurovegetativi: aumento della frequenza del respiro, accelerazione del battito cardiaco, sudorazione, tensione muscolare ecc. Tali modificazioni fisiche dipendono dal fatto che, ipotizzando di trovarsi in una situazione di reale pericolo, l’organismo ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, garantendo la sopravvivenza.

L’ansia perciò costituisce un’importante risorsa, perché è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni (ad es., sotto esame o prima di una gara). Persino le soluzioni creative ai problemi possono essere il risultato di una discreta quota di preoccupazione (Gabbard, 2000), per cui l’ansia può essere adattiva o non adattiva e non è un fenomeno da eliminare in ogni caso.

Quando l’ansia diventa eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, si trasforma in un disturbo d’ansia, dando origine a tutta una serie di sintomi e condotte di evitamento, che possono complicare la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni. Si parla invece di angoscia quando l’ansia, la paura  e i correlati fisiologici annessi, non hanno un oggetto chiaro e riconoscibile: si sta male, si ha paura, perfino panico, un peso allo stomaco o difficoltà a respirare, ma senza sapersi spiegare il motivo. In realtà tali sintomi sono sempre riconducibili a qualcosa di presente, anche solo metaforicamente, nel contesto di vita o nei ricordi della persona. Ad esempio, si può provare angoscia al tramonto, e si può scoprire che tale sensazione è connessa all’idea di perdita, di morte o di prigionia che può dare la fine di una giornata senza che nulla di “positivo” sia accaduto.

L’ansia può inoltre manifestarsi in forma somatizzata, attraverso sintomi e segnali di tipo vegetativo o muscolo-scheletrico: senso di soffocamento, di costrizione toracica, di fame d’aria, palpitazioni e tachicardia, morsa o cappa alla testa, di tappi alle orecchie, senso di confusione, vertigine, sbandamento, vuoto mentale; disturbi gastrici, intestinali, tensioni muscolari, stanchezza, insonnia, sintomi di conversione o ipocondria.

Classificazione dei disturbi d’ansia

L’ansia non ha un unico modo di manifestarsi ma è classificata in categorie diagnostiche specifiche, riconosciute a livello mondiale, secondo un modello descrittivo ed ateorico (DSM IV TR e DSM V, American Psychiatric Association).

  • Disturbo d’Ansia Generalizzato
  • Attacco di Panico e Disturbo di Panico
  • Agorafobia
  • Disturbo Ossessivo-Compulsivo
  • Fobie Specifiche
  • Fobia Sociale
  • Disturbo Acuto da Stress
  • Disturbo Post-traumatico da Stress
  • Disturbo d’Ansia dovuto a una Condizione Medica Generale
  • Disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze
  • Disturbo d’Ansia da separazione (nella sezione “Disturbi diagnosticati per la prima volta nell’Infanzia, Fanciullezza, Adolescenza”).

Essendo un sintomo, più che una patologia in sè, l’ansia può associarsi trasversalmente anche a disturbi di personalità (specie quelli di cluster C nel vecchio DSM IV: Evitante, Ossessivo-compulsivo e Dipendente, ma anche nel Borderline del cluster A).

L’ansia in una prospettiva psicodinamica e relazionale

La ricerca neuropsicologica riceve sempre maggiori conferme che la tendenza a sviluppare sintomi ansiosi è determinata sia da fattori di predisposizione genetica e temperamentale, sia da aspetti legati alla storia di vita. Per cui, per sviluppare un vero e proprio disturbo, si devono sovrapporre ad una vulnerabilità di base, o sensibilità come la chiama Ghezzani, determinati eventi di vita o condizioni ambientali e relazionali.

In un‘ottica psicodinamica e non puramente descrittiva, l’ansia è un segnale che indica la presenza di un conflitto, di una preoccupazione profonda, di un tema da risolvere, vissuto come una profonda minaccia, di cui spesso il paziente ha una consapevolezza solo parziale e che, per questo, si manifesta sotto forma di sintomo, a volte  apparentemente inspiegabile ed improvviso: ossessioni e rituali compulsivi, paure infondate anche di tipo ipocondriaco, panico.

La psicoanalisi distingue diversi livelli gerarchici di ansia o angoscia, distinti per gravità e per il livello psico-evolutivo a cui va ricondotta:

  • Ansia superegoica e angoscia edipica: legata a sentimenti di colpa o tormenti della coscienza perchè si sente di non si condurre uno stile di vita all’altezza di certi standard morali o di successo o conforme alle aspettative di persone significative della nostra vita o a norme culturali.
  • Ansia di separazione: paura di perdere l’amore o di perdere l’oggetto amato, legata alle precoci esperienze relazionali e di attaccamento.
  • Angoscia persecutoria: una forma di ansia molto più primitiva e tipica di pazienti con gravità psichiatrica.
  • Angoscia di disintegrazione: una forma ancora più arcaica di ansia tipica di pazienti schizofrenici e psicotici, legata alla paura di perdere i propri confini e di frammentazione della propria identità.

In una interessante chiave di lettura, Nicola Ghezzani riconduce teoricamente il segnale di allarme dell’ansia al conflitto tra due bisogni umani fondamentali: quello di appartenere, di integrarsi socialmente, da una parte, e quello di individuarsi, di essere differenti e distinguersi, dall’altra. Ogni qual volta un bisogno si attiva a scapito dell’altro, si attiva il segnale dell’ansia che può strutturarsi in angoscia o panico: se prevale il primo bisogno, ci si adatta troppo passivamente all’ambiente esterno, alle aspettative, alle convenzioni, rinunciando ad essere se stessi in modo autentico e spontaneo, se prevale il secondo bisogno, si segue lo slancio ad affermarsi,  a differenziarsi, anche trasgressivamente, ma si vive un senso di minaccia rispetto all’essere accettati ed integrati socialmente.

In termini junghiani potremmo dire che si tratta della lotta tra la spinta all’individuazione e il restare impigliati nei condizionamenti sociali e cultuali del collettivo, arrestando il processo psico-evolutivo del sè. Ad attivare l’allarme d’ansia può essere anche l’emergere alla coscienza di aspetti d’ombra, cioè parti di noi misconosciute e negate, che premono per essere integrate nella personalità cosciente (vedi il mio articolo “La dialettica Persona-Ombra nell’analisi junghiana”).

Come vedono il mondo le persone fobico-ansiose

E’ interessante come  nell’ambito della psicologia cognitivista siano state formulate delle considerazioni analoghe. Guidano parla di organizzazioni di significato personale di tipo fobico per descrivere un insieme di caratteristiche di personalità (genetiche, emotive, cognitive  e comportamentali) che caratterizzano il modo particolare in cui le persone fobiche ed ansiose tendono a leggere ed interpretare la realtà, i legami con l’altro, reagendo con emozioni e comportamenti tipici. Il tema specifico di queste persone ruota intorno all’opposizione tra due bisogni opposti: quello di essere protetto e quello di essere sufficientemente libero, avere dei punti di riferimento affidabili, ma mantenere l’indipendenza e gli spazi autonomi. Il bisogno di contatto e di attaccamento, ma anche di poter spaziare senza troppi vincoli e condizionamenti.

Quindi i temi fondamentali, la semantica come la chiamaerebbe  Valeria Ugazio, tipici delle persone con problematiche dell’area fobico-ansiosa, dunque, hanno a che fare con il vivere in allarme, con ansia , angoscia o panico, perchè il mondo è vissuto come pericoloso, ma  allo stesso tempo anche con il desiderare  di uscire fuori, spinti da uno slancio ad esplorare, ad entrare in contatto con l’Altro. La relazione è protettiva, ma dall’altra parte essa è pericolosa, perché si teme di esserne intrappolati, perdendo la propria libertà o di essere rifiutati o abbandonati. L’esordio sintomatico può avvenire ad esempio in concomitanza di un evento vissuto come perdita, abbandono, ma anche come costrizione o cambiamento di fronte al quale non si ha il controllo. Persino l’innamoramento può innescare l’esordio, perché implica la paura di perdere il controllo di sé o di perdere la propria libertà.

Si ricercano punti di riferimento affettivi e relazionali: spesso le persone fobiche non sono autonome e ricercano appoggio e protezione, ad esempio chi soffre di attacchi di panico evita le situazioni temute, a meno che non sia accompagnato da una persona sentita come “base sicura”. Tuttavia esse restano sempre un passo indietro rispetto all’intimità più profonda ed autentica. I legami familiari possono essere forti e vincolanti, ma anche vissuti come privi di una base sicura, ed il legame in generale viene temuto come vincolo o minaccia per la propria identità.

A mettere in allarme è anche il timore della rottura di un equilibrio tra più sistemi di relazioni che devono essere conciliati: famiglia, relazioni di coppia, ruolo sociale.

Non dobbiamo dimenticare, però, che le persone con tendenze fobiche ed ansiose godono anche di profonde e preziose  risorse interiori: la grande capacità di creare molti legami, anche a lungo termine, e di essere spesso opened minded, almeno nel loro animo: degli anticonformisti, esploratori, anche se allo stesso tempo temono di vivere questo loro slancio in modo spontaneo, aperto ed autonomo. Desiderano, ma temono. Altra risorsa che spesso mostrano è di saper chiedere e cercare l’aiuto, anche quello del terapeuta, nonostante la paura di apparire deboli.

 

Giorgia Gattari

Sono una psicologa e psicoterapeuta, individuale e di gruppo, ad orientamento Gestalt Analitico. Mi occupo di consulenza, supporto psicologico e psicoterapia sia dell’adulto, che del bambino e dell’adolescente. Conduco gruppi terapeutici e laboratori espressivi e psico-educativi in ambito scolastico ed evolutivo.