Cosa non dovete fare per essere buoni “ascoltatori attivi”: le 12 barriere alla comunicazione

Cosa non dovete fare per essere buoni “ascoltatori attivi”: le 12 barriere alla comunicazione

Nella mia esperienza di terapeuta ho la fortuna di apprezzare ogni giorno il meraviglioso potere di ascoltare veramente gli altri, l’effetto che produce nelle persone il sentirsi profondamente ascoltate, con l’impegno di capire, sospendendo il più possibile la nostra umana tendenza ad interpretare, incasellare, etichettare, giudicare, preparare una risposta che sembri convincente.

Aldilà delle tecniche, delle teorie e del sistema di conoscenze, aldilà del bisogno di sentirmi competente, brillante, dell’urgenza di fornire una soluzione, ho dovuto imparare a stare nel momento presente, lì con la persona, nei luoghi della sua mente dove mi vorrebbe portare.  

Dopo anni di studi, una laurea , un esame di stato, una specializzazione, due tirocini, aggiornamenti, corsi, dopo tutto questo, ho dovuto imparare anche a mettere temporaneamente tutto da parte e “fare spazio”.

Fare spazio è il primo passo: governare la propria attenzione, con allenamento; mettersi in una disposizione d’animo di accoglienza e di accettazione, di umana appartenenza e connessione.

Ma cosa succede invece, in situazioni più comuni rispetto alla stanza di terapia?

Diceva Epitteto, il filosofo greco: “Abbiamo due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio di quanto diciamo”.

Invece sembrerebbe che in media ascoltiamo per il 25-50 % del tempo quello che ci viene detto: in verità è emerso che la comunicazione efficace avviene quando questi rapporti percentuali si invertono, cioè dovremmo provare ad ascoltare per il 75-80% e parlare per il restante 20-25%. Fate una prova!

Ascoltare è un’abilità da cui tutti possiamo trarre vantaggio e  miglioramento. Diventando un ascoltatore migliore, migliorerai le tue relazioni, in famiglia, sul lavoro, aumenterai la tua produttività, così come la tua capacità di influenzare, persuadere e negoziare. Inoltre, eviterai conflitti e incomprensioni. 

Buone capacità comunicative richiedono un alto livello di consapevolezza di sé. Comprendendo il tuo stile personale di comunicazione, farai un lungo cammino verso la creazione di impressioni buone e durature con gli altri.

Ascolto attivo

Il modo per migliorare le tue capacità di ascolto è praticare “l’ascolto attivo”. Fai uno sforzo cosciente per ascoltare non solo le parole che un’altra persona sta dicendo, ma, soprattutto, cerca di capire il messaggio completo che viene inviato. Per fare questo bisogna prestare molta attenzione all’altra persona, osservarla.

Sicuramente ti accorgerai che ti capiterà di distrarti, di pensare a ciò che vuoi dire tu, di prepararti la risposta, oppure di interrompere l’altro dicendo spesso “IO…”, o di essere distratto da  qualunque altra cosa possa accadere intorno o dentro di te. Ad esempio, di dimenticare il nome di una persona appena conosciuta dopo solo pochi secondi. Tutto questo può accadere. Non rimproverarti o giudicarti, non demoralizzarti. E’ vero che tutto ciò contribuisce alla mancanza di ascolto e comprensione, ma accorgersi e iniziare ad esserne consapevoli è la cosa più importante per poter migliorare. Praticate la cosapevolezza dunque!

La persona assertiva è di solito anche un ascoltatore “attivo”, cioè non solo fa veramente attenzione a ciò che viene detto e a come viene detto, ma sa anche far sentire e capire all’altro che lo sta ascoltando con empatia.

L’interlocutore non avverte un clima di giudizio o disinteresse, ma bensì di comprensione, interesse e partecipazione, allora è incoraggiato a sua volta a comprendere e rispettare l’altro. Il messaggio che arriva all’altro è “Ciò che tu sei e comunichi ha un senso ed è importante per me”.

Nella comunicazione aggressiva, invece, l’ascolto si manifesta con frequenti interruzioni, critiche, impazienza e linguaggio del corpo minaccioso. Ciò che importa non è tanto capire, ma vincere sull’altro, che viene percepito come un avversario.

Nell’ascolto passivo c’è un’eccessiva accondiscendenza e tempi d’ascolto troppo prolungati. Messaggio:  “Esisti solo tu”.

Il nostro stile di ascolto dipende anche dall’ambiente in cui siamo cresciuti

Le persone che da bambini sono cresciute con genitori che tendevano spesso ad interrompere, a sovrapporsi o a criticare, o che erano sempre molto distratti e indaffarati, generalmente hanno la tendenza a parlare molto in fretta per paura di essere interrotti o criticati, quindi ad ascoltare molto poco il proprio interlocutore, oppure possono usare un tono di voce molto alto per ottenere ascolto. Persone insicure o passive, invece, possono usare un filo di voce, rendendosi trasparenti e impercettibili, per poi convincersi che gli altri non le ascoltino perché sono insignificanti e privi di alcun interesse. Molti atteggiamenti che caratterizzano il nostro stile comunicativo, specialmente a livello corporeo e non verbale, sono il risultato di apprendimenti acquisiti nelle relazioni della nostra infanzia, osservare e comprendere queste caratteristiche può essere importante per riflettere e capire quali aspetti della comunicazione efficace è più utile esercitare per noi.

Alcune persone, a cui sono mancati attenzioni, empatia e qualcuno che le volesse capire veramente o che, al contrario, non hanno avuto i giusti limiti, possono restare in una posizione di egoncentrismo infantile. Il loro bambino interiore è ancora affamato di attenzione e cura, oppure non vedono proprio i bisogni degli altri, quindi tendono anche in età adulta a monopolizzare la conversazione, ad ascoltare poco e a lasciare scarso spazio per l’altro, riportando continuamente la conversazione su se stessi. Questo può essere molto frustrante per le persone che ci hanno a che fare.

Evitate le BARRIERE ALLA COMUNICAZIONE! 

Oltre alla pratica della consapevolezza di sé e al fare spazio dentro, tenendo a bada la nostra mente, un modo per esercitare l’ascolto attivo è conoscere le barriere che mettiamo in atto quando comunichiamo con gli altri. Riconoscere queste modalità disfunzionali è un passo importante per poi impegnarci a modificarle.

Ascoltare non equivale a sentire ciò che l’altro dice, ma è un coinvolgimento in ciò che dice e una sintonizzazione empatica sugli stati emotivi dell’altro. 

Le barriere alla comunicazione sono state studiate e descritte dallo psicologo Thomas Gordon nel 1991:

LE 12 BARRIERE DELLA COMUNICAZIONE DI THOMAS GORDON

Gordon  è stato un pioniere nello studio e l’insegnamento della buona comunicazione.

Una delle sue eredità più importanti è la lista di cose da non fare quando si comunica. Sono errori che tutti commettiamo più o meno consapevolmente, e che possono compromettere seriamente i nostri rapporti interpersonali. 

#1 Ordinare, comandare, esigere

Adesso devi…Fai subito…Non voglio più sentire…

Questo tipo di approccio è disfunzionale anche quando siamo di fronte a una reale gerarchia tra gli attori della comunicazione. Per esempio, un capo ufficio che si rivolge così ai suoi dipendenti è certamente tollerato, ma alla lunga viene disprezzato. Se, però, non esiste alcuna gerarchia conclamata tra le parti, allora ordinare, comandare ed esigere sono azioni aggressive utili solo a compromettere il rapporto.

 #2 Minacciare

È molto meglio per te se…Se non farai così allora…

Minacciare è il modo migliore per introdurre nel rapporto tra gli attori della comunicazione il sentimento di ostilità. La parte minacciata si chiude e pensa solo a come difendersi. Questo genera rabbia e desiderio di ribellarsi.

#3 Sgridare, rimproverare, moralizzare

Dovresti imparare a…La prossima volta dovresti stare più attento a…

Se mi avessi ascoltato…te l’avevo detto……

Ci sono dei contesti dove la forma comunicativa richiesta è proprio questa. Per esempio tra genitori e figli. Ma immaginate il caso in cui un figlio si rivolga così al padre: se mi avessi ascoltato avresti capito che non mi piacciono le merendine alla marmellata, voglio quelle alla crema! Come vedete anche in questo caso è una questione di ruoli. Ma bisogna capire che il ruolo non annulla l’effetto mortificante e fastidioso del rimprovero, semplicemente mette chi è rimproverato nella condizione di non protestare, ma col lungo andare suscita rancore. Quindi attenti e soprattutto non usatelo con chi vi è pari.

#4 Offrire soluzioni già pronte

Io al tuo posto avrei…Si fa così…

Quando una persona chiede un consiglio, significa che da sola non è riuscita a risolvere il problema. Dimostrarle che per voi invece si tratta di una sciocchezza, facendo vedere che per voi la soluzione è ovvia, non aiuterà il rapporto, perché lei si sentirà sminuita e umiliata. Se veramente avete una buona idea, cercate di arrivarci insieme.

Può sembrare contro-intuitivo, ma anche dare consigli non richiesti è una barriera: a volte la persona vuole solo essere ascoltata e validata, non che gli venga detto cosa sarebbe meglio fare. Spesso le persone sanno già da sole cosa sarebbe meglio fare, desiderano solo che siamo onestamente umani verso le loro difficoltà.

#5 Argomentare con la fredda logica

Lascia stare le sensazioni, le variabili oggettive in questo caso sono…Le cose stanno così…Ma non ha senso quello che fai….

Una discussione è importante se ci coinvolge emotivamente, altrimenti è una chiacchiera. Quando si affronta una discussione importante con qualcuno bisogna fare molta attenzione a non sminuire le sue emozioni riducendo tutto a formule matematiche.

#6 Criticare, insultare

Non capisci niente…Sei troppo pigro…Stai perdendo tempo…

Spostare l’oggetto della discussione in maniera negativa su uno dei due attori della comunicazione è il modo migliore per costruire un muro e interrompere ogni forma di dialogo. Pensate: qual è l’ultima persona da cui vi lascereste conoscere veramente? A cui confidereste qualche vostro lato vulnerabile? Qualcosa che vi fa soffrire o di cui vi vergognate? Di certo una persona giudicante e critica.

#7 Lunsingare o fare complimenti eccessivi

Sei l’unico al mondo che può aiutarmi…Questa è l’idea più geniale che abbia mai sentito…

Sei la persona più intelligente che abbia mai conosciuto…

Magari all’inizio il tuo interlocutore proverà un discreto piacere nel sentirsi dire certe cose. Poi, la cosa assumerà un sapore stucchevole e poco autentico, la persona potrebbe sentirsi manipolata e la fiducia tra voi sarà rotta.

#8 Stereotipare, etichettare

 Sei solo un ragazzino!… Sei proprio “bionda”! …Ecco l’intelligentona!…Tipico degli uomini!

Stereotipare equivale a offendere in modo indiretto. Non dico direttamente all’altro ciò che penso di lui. Gli affibbio un’etichetta e dev’essere lui a capire cosa intendi. In pratica è l’offesa di chi ha paura di offendere e preferisce tenersi vago per poter ritrattare quanto detto. In questo caso la comunicazione si blocca perché a nessuno piace sentirsi appiccicare addosso delle etichette o essere ridotti a dei cliché.

#9 Interpretare

In realtà non vuoi dire questo…Secondo me tu sotto sotto desideri…..

In questo modo si manifesta all’altro tutta la propria arroganza. Ci mostriamo più bravi di lui non solo a spiegare le cose, ma anche a leggere il suo mondo interno. Quando interpretiamo quello che viene detto, stiamo comunicando un messaggio molto chiaro: io capisco i tuoi pensieri e tu no!

#10 Minimizzare

Ma sì, vedrai che si sistema tutto…La fai più grossa di quello che è…Non ti preoccupare…Non ci pensare, distraiti!

Peccato che le emozioni siano soggettive e minimizzare quello che gli altri provano amplifica il loro dolore. Questa barriera è particolarmente invalidante e fa sentire l’altro incompreso e sbagliato, specialmente tra genitori e figli. “C’è bisogno di piangere per questa sciocchezza?…. Ma di cosa hai paura? Non fare il fifone….Non è successo niente! Ora smettetela!”

#11 Mettere in dubbio

Sei sicuro che sia andata proprio così?

Mi sembra impossibile che si sia comportata in quel modo…

Interrogare l’altro per modificare la realtà che vi sta raccontando è molto rischioso. Può darsi che uno sfogo non sia molto attendibile, ma proprio in quel momento è meglio evitare di contraddire chi sta aprendo il suo cuore e rilassando la rabbia.

#12 Cambiare argomento

Vabbè ma possiamo parlarne un’altra volta…

Prima ti devo chiedere una cosa…Io invece……

Cambiare argomento è un nostro diritto. Ma dobbiamo essere molto chiari sul perché intendiamo farlo. Altrimenti la prossima volta oltre all’argomento fastidioso dovremo rispondere anche sul perché non abbiamo voluto parlarne.

ASCOLTO IN 4 FASI

Gordon ha inoltre  descritto le 4 fasi dell’ascolto attivo:

  1. ASCOLTO PASSIVO (SILENZIO): trasmettere interesse, non giudizio, non pregiudizio. Attenzione al modo in cui sediamo o siamo orientati fisicamente, contatto visivo, mani e braccia non incrociate, tono disteso, ritmo non incalzante.
  1. MESSAGGI DI ACCOGLIMENTO (verbali e non verbali): cenni del capo, sorriso, domande circoscritte, silenzio: “capisco…vai avanti…”, “sto cercando di capire…”, “ ti ascolto…”
  1. INVITI CALOROSI: “dimmi…spiegami meglio..”
  1. ASCOLTO ATTIVO: parafrasi, riflettere i sentimenti dell’altro, riepilogare, riformulare ciò che l’altro ha detto: “ quindi, se ho capito bene ….”, “ capisco che tu….”.

Quindi, per ricapitolare, se volete esercitarvi nell’ascolto attivo, prima di tutto praticate la consapevolezza delle vostre intenzioni ed emozioni, fate “spazio dentro” attraverso la pratica di consapevolezza e la gestione delle emozioni. Potete usare la tecnica W.A.I.T. (Why Am I Talking?/ Perchè sto parlando?): per avere ragione e vincere sull’altro? per convincerlo? per risolvere qualcosa? per sentirmi migliore? per arrivare ad un accordo? per comprendere veramente? per ferire?

Fate caso alle barriere che usate più spesso quando comunicate con gli altri e cercate di evitarle. Osservate come l’effetto della vostre modalità di comunicare si modifica nel tempo. Non aspettatevi subito i risultati e non siate critici o giudicanti con voi stessi. Praticate la gentilezza, verso voi stessi e gli altri. “Gentilezza” è una parola chiave.

Buona pratica!