Perchè aspettare? La scienza dietro la procrastinazione

Perchè aspettare? La scienza dietro la procrastinazione

Procrastinare appare un comportamento irrazionale, è contrario alle nostre migliori intenzioni e a volte dannoso. Eppure alcuni continuano a farlo in maniera sistematica. Ma com’è possibile? Molti dicono a se stessi, non certo pieni di orgoglio, che sono fondamentalmente persone pigre e  con poca volontà. Altri raccontano che danno il meglio di sé quando sono sotto pressione. Ma la ricerca non sembra confermare questa storia.

Prefiggerci degli obiettivi non sempre corrisponde a slancio di entusiasmo e a voglia di fare. Piuttosto a volte rompe un equilibrio, richiede di uscire da una comfort zone e di focalizzare, orientarsi e mobilitare energie, in vista di un vantaggio o piacere che, spesso, non è nè immediato e nè sempre garantito.

Cosa ci dice la scienza?

Dalle ricerche in psicologia è emerso che coloro che procrastinano hanno livelli più alti di stress (maggiori quantità di cortisolo nel sangue, ad esempio) e sperimentano minori sensazioni di benessere, bassa autostima, sintomi depressivi e scarsa soddisfazione personale. Inoltre ipertensione e malattie cardiovascolari, sono correlati all’abitudine di procrastinare. Dal punto di vista della qualità della vita, pare che il rimandare involontario e compulsivo sia spesso associato a insoddisfacenti risparmi per l’età della pensione e a trascurare la propria salute e i controlli medici.

Chi sono i procrastinatori?

 I procrastinatori cronici sono circa il 20% della popolazione, per alcuni di essi la tendenza a procrastinare ha ripercussioni in tutti i domini della vita, altri invece tendono a rimandare solo in situazioni specifiche.

Joseph Ferrari, professore di psicologia alla DePaul University, un pioniere nella moderna ricerca su questo tema, afferma che “sebbene tutti noi possiamo procrastinare, non tutti sono veri procrastinatori cronici”.

I procrastinatori cronici hanno continui problemi nel cominciare e/o portare a termine i compiti, mentre i procrastinatori occasionali fanno ritardi legati al compito o alla situazione specifica in sé.

La procrastinazione cronica è una grave disfunzione nell’auto-regolazione: consiste nel posticipare volontariamente alcuni importanti compiti che si ha intenzione di compiere, nonostante la consapevolezza che questo porterà a disagio e sofferenza.

Tipi di procrastinatori

Sono stati descritti diversi tipi di procrastinatori:

i thrill seekers, legati all’erousal del sistema nervoso, cioè coloro che si riducono all’ultimo momento perché per mettersi in moto hanno bisogno di sperimentare il “brivido” del rush finale o comunque di raggiungere un certo livello di stress.  In realtà la salute ne risente, perchè lavorare sempre sull’urgenza di una deadline troppo vicina immette cortisolo e adrenalina nell’organismo, generando, a lungo andare,  maggiori problemi di salute nei procrastinatori che nei non procrastinatori.

Gli evoiders (evitanti), invece, sono coloro che rimandano un compito per paura di fallire o anche per paura del successo. In entrambi i casi spesso c’è una forte preoccupazione per il giudizio degli altri.

Poi ci sono anche i procrastinatori decisionali, coloro che rimandano all’infinito le decisioni, per sentirsi assolti dalla responsabilità delle conseguenze che ne deriverebbero.

Personalità

La ricerca sulle caratteristiche di personalità ha evidenziato che questo comportamento è strettamente correlato ad un basso livello di coscienziosità, che è uno dei tratti fondamentali di personalità secondo il modello dei Big Five. Esso descrive il grado di organizzazione, persistenza e motivazione nel raggiungimento degli obiettivi. Una perfetta condizione per la procrastinazione si verifica quando una persona che ha un alta impulsività e scarsa capacità di autodisciplina si trova di fronte ad  un compito per lei spiacevole.

Altri aspetti di personalità possono avere a che fare con credenze negative riguardo alle proprie capacità – scarsa self efficacy, impotenza appresa – e un locus of control esterno, vale a dire uno stile di attribuzione per cui le cause delle situazioni vengono più attribuite a fattori esterni che a se stessi. Questo fa sì che chi procrastina non percepisca se stesso come la causa delle proprie future conseguenze negative, per cui ci può essere poca predisposizione ad impegnarsi per cambiare.

Un’altro aspetto di personalità che può portare alla procrastinazione può essere il perfezionismo: in questo caso si cerca di evitare ogni possibile errore e ci si prefigge standard di eccellenza non necessari e poco realistici, i quali bloccano la persona nella paura di non essere mai all’altezza, mai abbastanza pronta, mai abbastanza preparata o accurata. In questo caso, ci insegna molto il vecchio detto “Solo chi non fa, non sbaglia!”.

In ultimo ci può essere anche una tendenza ad assumere atteggiamenti passivo-aggressivi, per cui a volte rimandare, fare ritardo o non rispettare una deadline può essere un modo indiretto di esprimere aggressività in soggetti tendenzialmente poco assertivi o poco consapevoli dei loro sentimenti di ostilità.

Il Marshmallows test

Ci sono aspetti temperamentali che predispongono a questo comportamento, i quali possono essere osservati già nei bambini in età prescolare, come nell’ormai famoso esperimento dei marshmallows condotto Walter Mischel all’Università di stanford tra gli anni ‘70 ed ‘80. Ad un campione di 600 bambini tra i 4 ed i 6 anni, posti di fronte ad un vassoio pieno di dolci, caramelle e cioccolato, veniva detto che se avessero resistito a non mangiarne neanche uno per 15 minuti, ne avrebbero avuti il doppio per premio. Alcuni bambini mettevano in atto qualsiasi strategia per autodisciplinarsi e reggere la frustrazione, come coprirsi gli occhi, stropicciarsi le mani o i capelli, dare calcetti al tavolo o alla sedia, un terzo di loro riuscì a resistere alla tentazione di avere subito una gratificazione per poterne avere una maggior dopo. Altri invece mangiarono subito i dolcetti. Si vide che queste capacità di autoregolazione e controllo erano proporzionali alla maturità del bambino, quindi più facili per i più grandi. Ma ciò che colpì i ricercatori fu che 16 anni dopo emerse che quei bambini che avevano mostrato più capacità di reggere la frustrazione e di rimandare la gratificazione, venivano descritti dai genitori come adolescenti più maturi e responsabili e da grandi avevano maggiori punteggi ai test d’ingresso all’università.

Dei nove tratti temperamentali descritti da Thomas e Chess, sicuramente la tolleranza alla frustrazione, la distraibilità e la perseveranza, sono quelli maggiormente correlati alla tendenza a procrastinare.

Ma il temperamento di base non segna il destino di una persona. Ci possono essere altri fattori psicologici profondi, appresi durante la propria storia di vita, alla base della tendenza a procrastinare. Oltre all’età e  al sesso – le donne procrastinano meno degli uomini – l’educazione può avere effetti importanti: abituare già da bambini a tollerare le frustrazioni, a saper attendere, a dover perseverare per raggiungere un obiettivo, fornire skills di pianificazione, gratificando e ricompensando i graduali miglioramenti, senza essere eccessivamente rigidi ed esigenti e senza però incorrere nella critica svalutante, può fare la differenza anche per chi ha un temperamento poco auto-regolato.

La neuropsicologia del procrastinatore

Oggi la ricerca in psicologia sta mettendo il luce che alla base della procrastinazione non c’è soltanto una scarsa abilità nella gestione del tempo, nelle abilità organizzative, nel lavorare in maniera metodica, che pure sono fattori importanti, ma soprattutto una scarsa capacità di regolazione emotiva.

Saper reggere e regolare stati spiacevoli come la noia, la frustrazione, l’attesa, la paura, il dubbio è fondamentale per darsi un’auto disciplina e trovare la motivazione. Basta leggere libri come Intelligenza emotiva di Daniel Goleman o anche L’errore di cartesio del neuroscienziato Antonio Damasio per averne un’approfondita spiegazione.

La ricerca comportamentale si è avventurata oltre lo studio della personalità, delle cognizioni e delle emozioni, per entrare nel regno delle neuroscienze.

L’autoregolazione ha a che fare con una parte del cervello che risiede nei lobi prefrontali, coinvolti in compiti molto evoluti ed importanti chiamati funzioni esecutive. Gli studi per ora non indicano una causalità diretta, ma rilevano significative correlazioni tra tendenza a procrastinare e funzioni esecutive, quali controllo ed inibizione degli impulsi, controllo dell’attenzione, auto-monitoraggio, pianificazione ed organizzazione, stabilire priorità, problem-solving, passare da un’attività ad un’altra (shifting), dare inizio ad un compito, monitoraggio del compito, regolazione delle emozioni. Persone con scarse capacità nelle funzioni esecutive possono avere problemi a conseguire obiettivi, nonostante abbiano buone o brillanti capacità intellettive e altre risorse mentali. Queste sono le stesse funzioni che sono più seriamente compromesse nell’ADHD, non a caso la procrastinazione è uno dei sintomi di del Disturbo da Disattenzione ed Iperattività/impulsività.

Altre ricerche comportamentali hanno sottolineato che i procrastinatori seriali sono molto dipendenti dalla ricompensa immediata, cioè agiscono per avere una ricompensa subito, piuttosto che una maggiore soddisfazione a lungo termine. E quale sarebbe la gratificazione nel rimandare? Può essere una tentazione, una distrazione a cui cedere, ma soprattutto l’evitamento di quelle emozioni e di quegli stati che sono difficili da tollerare e gestire: noia, frustrazione, attesa, fatica, paura di fare errori e di fallire, l’idea di dover fare una montagna di lavoro e molto sforzo, e via dicendo. Il procrastinatore non riesce a motivare se stesso in vista della gratificazione a lungo termine e neanche delle conseguenze dannose a cui può andare incontro; è concentrato sul vantaggio che ha nell’immediato.

Le cognizioni dei procrastinatori 

A volte chi procrastina ha una falsa sicurezza, probabilmente dovuta ad una scarsa capacità di valutare e ponderare il tempo necessario a svolgere un compito. Tuttavia, non di rado, i procrastinatori hanno pensieri che aumentano il loro stress, come senso di colpa, autocritica e biasimo, i quali alimentano il circolo della procrastinazione, deteriorando l’autostima e la motivazione.

Inoltre, imparare dall’esperienza è molto difficile per queste persone, perchè non riescono a proiettarsi nel futuro e vedono il loro futuro-sè come scollegato dal presente, dicendosi “quando starò meglio, ci saranno le condizioni giuste, farò quella cosa…ma oggi no”. C’è una certa dose di auto-inganno in questo, perchè se non si riesce a regolare le proprie emozioni oggi, probabilmente non ci si riuscirà neppure domani. Anzi, probabilmente ci si troverà a fare i conti con ansia, urgenze accumulate da risolvere, oppure con occasioni perse,  progetti non realizzati, tempo perduto e anche relazioni intaccate. 

Nei prossimi articoli vi darò alcuni consigli utili per spezzare il circolo negativo della procrastinazione. Stay tuned!.